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338 Brani di vita

Ma ecco che, un bel mattino, mio figlio, tornando dal Liceo, versa nel seno paterno la confessione del suo amore per la bicicletta. E l’amore non era più innocentemente platonico, poichè le peccaminose relazioni tra l’adolescente innamorato e la macchina seduttrice erano già consacrate e consumate. Pensandoci bene, riflettei che, dopo tutto, alla sua età, era meglio innamorarsi di una bicicletta che di una vitella e dissi amen.

Solo che avevo un po’ di paura. I ragazzi sono audaci e spensierati ed i giornali ci narrano tutti i giorni gli orrori ed i disastri cagionati dal ciclismo. È strano! Se un fiaccheraio mette sotto una generazione intera, appena lo dicono, se pur lo dicono: ma se un ciclista si scortica un dito o storpia un cane vagante, tutte le gazzette trombettano il funesto avvenimento che fa rabbrividire i babbi e le mamme. Hanno una rubrica apposta che s’intitola: Disgrazie del ciclismo.

Così avevo paura anch’io.

Esposi il mio caso ad un ciclista maturo e prudente. Mi rispose. “O perchè non impara anche lei? Così andranno insieme”.

Il consiglio mi parve buono e volli imparare. La pista del nostro Veloce Club deve ancor ridere dei miei primi tentativi quando ansando, sudando, serravo