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Come baciai il piede a Pio IX 303

domanda, ma la ricerca di un foglio decentemente ornato per stenderla, ci tradì. I superiori, parte seppero, parte indovinarono e con energiche ammonizioni ci proibirono qualunque tentativo di porgere suppliche al Sovrano: il che non riscaldò certo la gratitudine, già molto tiepida, che sentivamo per loro.

Così, malcontenti, ci fecero scendere nella sala maggiore dell’Accademia di Belle Arti e, sull’uscio, ci misero in ginocchio; ma qui i miei ricordi sono scoloriti e confusi. Mi rimane solo l’impressione di una frotta di signori e di preti, tutti in piedi e silenziosi.

Non mi pare che ci fossero donne.

In fondo, nella penombra, sopra un trono rosso, era un fantasma bianco, Papa Pio IX; e noi, dopo tre genuflessioni, ad uno, ad uno, prostrati, salimmo colle ginocchia tre gradini e baciammo il piede santissimo, posato sopra un cuscino.

La calzatura mi sembrò di velluto, ma mi ricordo solamente che c’era sopra un ricamo in oro, forse una croce, il cui contatto era aspro alle labbra. Stando così bocconi non potei vedere il Pontefice, nascosto nella semioscurità e camminando all’indietro, dopo tre altre genuflessioni, uscimmo, sempre in quel silenzio profondo e quasi cupo che solo mi resta nella memoria, perchè tutti gli altri particolari li ho scordati; tanto la cerimonia ci lasciò indifferenti.

Risaliti, ci disposero in due file, sempre in ginocchio, lungo un ampio corridoio, di dove il Pon-