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giunta, un nuovo e più faticoso gradino a quello che fu superato, e solo riposa chi muore. Questa è la legge, e la pianta crescerà finchè dia il frutto e il frutto germoglierà per esser pianta e così senza fine. Il mito delle Danaidi antiche è il simbolo dell’umanità.

Chi cresce la scienza cresce il dolore, disse quel mirabile pessimista che fu l’Ecclesiaste, e l’uomo sempre più raffinato dalla civiltà e dalla scienza si troverà cresciuta a dismisura la facoltà di soffrire. Vedrà allora la volgare e triste commedia della sua vita quotidiana essere nel suo insieme una orrenda tragedia. Vedrà che solo il dolore è reale e positivo, poichè le rare gioie umane non sono che cessazione momentanea di un dolore, appagamento di un desiderio o di una aspirazione che nella loro intensità erano dolore; e il breve appagamento, seguito tosto dalla sazietà, cede il posto a un desiderio, ad una aspirazione, insomma ad un dolor nuovo. L’arte istessa, così possente a rappresentarci il dolore, che è positivo, non può rappresentarci la gioia che è negativa. Paragonate Dante che descrive gli strazi umani dell’Inferno, con Dante che descrive le gioie teologiche del Paradiso! Vanità sopra vanità, illusione sopra illusione, dolore sopra dolore, e l’umanità, giunta a questo punto di conoscimento del proprio destino, si chiederà se questa vita valga la pena di esser vissuta.

Vedete l’amore, la più possente delle umane illusioni, da cui tutta l’arte dipende e che domina i nove decimi della nostra vita. Quanti sogni e