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190 Brani di vita

Prima una osservazione di prosodia. Qui Dante fa pietade di quattro sillabe. Altrove, come nel V dell’Inferno, di sole tre

L’altro piangeva sì che di pietade:


ricordo a quelli che cercano troppo minutamente nel Poema la impeccabilità fino nei minimi particolari e a quelli che nei versi danno la caccia alle dieresi senza badare al contenuto. Dante, e colla saldezza delle ombre e coll’uso delle dieresi fece il suo comodo.

Giovanna fu la moglie di Buonconte e pare che dimenticasse troppo presto il marito, tanto che questi versi suonano per lei come duro rimprovero.

Ma è da seguitare.

Ed io a lui: qual forza o qual ventura
     Ti traviò si fuor di Campaldino
     Che non si seppe mai tua sepoltura?
Oh, rispos’egli, a piè del Casentino
     Traversa un’acqua c’ha nome l’Archiano
     Che sopra l’Ermo nasce in Apennino.
Là dove il nome suo diventa vano
     Arriva’ io, forato nella gola,
     Fuggendo a piede e insanguinando il piano.
Quivi perdei la vista e la parola
     Nel nome di Maria finii e quivi
     Caddi e rimase la mia carne sola.


La rotta dei Ghibellini a Certomondo fu sanguinosa, e di Buonconte, uno dei capi, non si trovò nemmeno il cadavere.