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renza, di repente con suo inestimabile rovello in piazza Madonna gli stramazzò: chiamava il ghiottone quanti passavano cittadini, affinchè lo aiutassero a rimettere l’Asino in piedi, ma costoro notando, che avrebbe molto bene potuto farlo da sè stesso, solo che si fosse preso il travaglio di scaricarlo, tiravano innanzi senza badargli. Caso volle, che quinci passasse Pippo da Brozzi nostro, il quale tratto dai gridi, come persona servizievole, disse all’altro:

— Compare, scemalo di peso, e il tuo Asino si rizzerà.

— Anzi no, troppo grande fatica è cotesta; per poco che tu mi porga di aiuto mi torrai d’impaccio — risponde Ciacchero il villano.

— Magari! riprende Pippo, che ho io da fare?

— Ecco, agguantalo per la coda e tira su; io da quest’altra parte lo solleverò per la cavezza e tu vedrai.

Pippo chiappa con tutte e due le mani la coda, Ciacchero il villano la cavezza; questi grida: — ci sei? — Quegli risponde: — ci sono. — Su di un tratto. — Su pure. — E Pippo, dato uno strattone che avrebbe schiantato un rocchio da Montemorello, si trova svelta la coda in mano. — Oh! la si è staccata, esclama Pippo; e l’altro: — che cosa? — La coda all’Asino. — Ahi! traditore, tu me l’hai guasto e tu me lo hai da pa-