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continuo sentirsi fatti in tocchi, scorticati ed arsi all’ultimo viene in uggia anche agli Asini che sè difendono a calci; agli uomini no: anzi pare che ci abbiano gusto; almeno così mi parve giudicare ai miei tempi considerando a Napoli lo strazio e la pazienza del pari tremendi. Con altro cuore ormai, con altro affetto dimostrai la mia religione, quando Colui che non hassi a rammentare senza le ginocchia della mente inchine mi elesse balio al suo prodigioso nascimento. Io lo recinsi di tenerezza come della prima fascia intorno alla vita; l’aria gl’intiepidii co’ miei fiati e mi sarei reputato felice a scaldargliela col supremo alito dell’anima. Compagno per meriti uguali mi fu assunto il Bove, nè ciò per astio dissimulo, al contrario paleso con giubilo infinito, però che il Bove mi fosse fratello ab antiquo nelle scarse gioie e nei diuturni dolori; e questo si ricava dalle sacre carte, dove incontrasi il proverbio: — ara col Bove e coll’Asino; — e i padri Scolopi ne porgono ancora testimonianza quando confessando senza corda chiamano indistintamente i loro allievi Bovi, ed Asini. Quanto in questo diverso dagli uomini che Gesù al suo comparire dispettarono e più tardi con la mala morte finirono!

Nè mi strinsi solo a professare la religione, ma m’ingegnai ad inculcarla nell’uomo non già per via di prediche sgangherate o