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figliuoli lo succhiarono non alle mie mammelle, bensì dalle ferite dei fratelli martiri; il mio letto fu nei Sepolcri violati; vinsi, ma nel vincere giacqui a canto al mio nemico e male me viva distinsero dal morto; mi rilevai vacillando, povera, barbara e cieca di ogni lume di scienza nella Patria del divino Platone. Ora se tanto non volge agitata l’acqua della Senna che non possa rimandare indietro la immagine, ardisci affisartici, o Francia, e contempla chi sei. Donata per intercessione dello imperatore Alessandro di statuto liberale nell’anno ventitrè del secolo decimonono ti arrovelli stracciarlo di mano al re Luigi XVIII, che l’ebbe a difendere dai Francesi se non con più valore con costanza pari a quella, con la quale gli Spagnuoli e Palafox difesero Saragozza. Dov’erano allora i tuoi liberali? Tacevano, o se parlavano tu accendevi i roghi pei loro scritti, e pei loro corpi aprivi le carceri. Uscita fuori dal riparo del trono, e tornata nelle tue mani, come adoperavi, o Francia, la tua Libertà? Nel cuore le versasti l’odio; sopra la fronte le scrivesti rivolta; le educasti le labbra alla contumelia e alla ingiuria; allora Carlo X. s’ingegnò adattarle alla bocca il frenello, ed ella gli morse la mano; fugge il Borbone, e di lui vivo raccoglie l’eredità Luigi Filippo. La Francia e l’Orleanese procedono un pezzo di amore e d’accordo accomunandosi