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capitolo xxiv. 403


sul dorso delle onde agitate giungere a riva le reliquie del naufragio; però che il vecchio, pure su l’ultima spiaggia della vita, contempli travolti dagli anni arrivargli ai piedi i frantumi dei suoi affetti, ed altresì dei suoi concetti. Così quell’io, che un giorno scrissi parole di obbrobrio contro la Speranza, adesso mi chiamo in colpa e m’inchino alla sua divinità! La benefica Iddia non mi aborrì per le mie esecrazioni, all’opposto moltiplicò verso me le sue blandizie, come madre amorosa costuma al figlio infermo. E fama che, quando Dio padre richiamò in cielo la Felicità, la Speranza sua sorella minore le tenesse dietro, ma arrivata che quella fu a mezzo dello emisfero si voltasse, e in atto dolce di pietà e di amore così le dicesse:

«Torna fra gli uomini, sorella. Dio ha chiamato me sola, e con profondo consiglio, imperciocchè senza me e senza te cotesti miseri in breve si struggerebbero di angoscia».

La Speranza ritorse l’ale, ed indi in poi non ha abbandonato più le dimore degli uomini. Quivi ella si pone allato della culla dove il pargolo si lamenta se gli manchi il latte; ovvero siede al capezzale dei moribondi, o su i campi di battaglia bagna le labbra riarse del volontario agonizzante, o ne raccoglie l’ultimo sospiro per portarlo alla madre, alla sposa, alla sorella; con un raggio di sole meridiano penetra nella carcere più profonda