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capitolo xxiv. 347


gio di essere rimpiante: vanità di vivi, non refrigerio di morti: l’avello dell’uomo di cui il nome cascò intero nell’oblio non merita ingombrare la terra nutrice. Viviamo tra i vivi o tra i morti? E se non ti basta per patria il luogo dove in fondo ai soli ed ai pianeti contempli Dio, la patria è quella dove la donna amata ti consola e il bacio dei figliuoli ti aspetta; dove la mano dell’amico ti serra la mano con tale stretta, che risponde ad un palpito del cuore; — colà dove puoi veracemente, pienamente affermare il tuo diritto, il tuo Dio, quivi è la tua patria.

— Eppure, soggiunge Curio, come uomo che non è vinto ancora e sente fuggirgli sotto una credenza antica, eppure i nostri grandi ci hanno insegnato essere la nazionalità e la unità della patria eccelsi scopi, e noi abbiamo versato per conseguirli il nostro sangue...

Omnia tempus habent. Le cose di che avete detto sono spade a due tagli; ottime secondo i tempi e i luoghi; — continuerai ad adoperare nel Bengala la veste che indossavi in Siberia? Voi bene meritaste della patria e della umanità quando vi travagliaste per questi due fini: per iscuotere il giogo della servitù straniera era necessità diventar forti, e perciò uniti, perchè appunto nella unione sta la forza: nò io v’incolpo se da questo vostro disegno non ve n’è venuto tutto il vantaggio da voi pre-