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dal plaustro, li mandava ai prati ampi del cielo, dove essi si rincorrevano, scapestrando a mo’ di fanciulli irrompenti fuori della scuola; e le ore, seguendo il vecchio costume dei cortigiani, disertato il carro del sole declinato, rifacevano i passi nel firmamento per andare incontro alle cerve del carro di Diana; però che le ore nacquero per servire sempre.

Diverse le immagini del colono tessiano; a lui parve raffigurare nel sole occidente un guerriero che cada sul campo della gloria: e la sua mente pensò a Giuliano l’Apostata alla battaglia di Frigia;1 considerando bene, non mancava niente a pareggiare il confronto, non lo scudo e l’elmo corruschi, non le armi fulgide e lo splendore della clamide imperatoria; le stesse nuvole chiazzate di vermiglio, che brizzolavano il cielo, porgevano ricordo delle goccio di sangue, le quali, è fama, l’Apostata in sua mano raccogliesse e contro l’empireo avventasse esclamando: ah! Galileo, vincesti.2

  1. Eragli cessata ogni speranza di vivere, da poi che, domandando del luogo in cui era, senti che denominavasi Frigia, però che quivi appunto gli era stato predetto ch’egli dovrebbe morire Ammiano Marcellino, Stor., l. 25, § 4.
  2. Oggimai non occorre storia la quale ometta riportare questo fatto, comecchè notoriamente falso. Ammiano Marcellino, che si trovò presente alla battaglia di Frigia, alla morte di Giuliano, ne tace; lo misero fuori Sozomeno, Teodoreto ed altri scrittori cristiani, dacchè la religione nostra, ormai scaduta dalla purità primiera, sentiva il bisogno, per sostenersi, della menzogna: gli è giusto ricordare che il gesuita Petavio, nella opera: De ratione temporum, T. 1, p. 149, lo dichiara espresso: fabula plebeia.