Pagina:Guerrazzi - Il secolo che muore IV.djvu/325


capitolo xxiii. 327


sere messo di sotto, e poi cotesta storia doveva finire: per la quale cosa si cacciava la mano destra nella tasca laterale delle brache per cavarne fuori il coltello piegatoio; di vero lo cavò, ma chiuso: ora il punto stava nel poterlo aprire; la gola al caduto non avrebbe lasciata libera per tutto l’oro di California, e con la sola destra non riusciva a inastare la lama del coltello; si provò co’ denti...

— Gua’! gua’! bisbiglia Filippo, il quale tutte queste cose attentamente considerava; qui non ci è tempo da perdere; chi ha paura delle passere non semina panico... prima che arriviamo a sovvenirlo, egli sarebbe spacciato... e la vendetta! Oh! la vendetta non resuscita... ecco... no... da bravo, Filippo... e sparò.

Il vecchio che, prossimo a soffocare, ormai aveva perduto la vista delle cose circostanti, con sua ineffabile contentezza sente di un tratto liberarsi la gola; un tepido lavacro gli bagna la faccia; il nemico, prosciolte le membra, gli rotola allato: solo lo molesta una puntura al sommo del petto; guardò, e vide il coltello che, caduto a piombo, gli aveva traforato le vesti e sforacchiato le carni. Filippo lo sovvenne a rimettersi in piedi, imperciocchè Maurizio si sentisse tutto rotto nella persona, e mentre si agguantava alla sua mano, egli le disse:

— Patriotto, io vi devo per la seconda volta la vita; avete fatto un tiro da Guglielmo Tell.