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capitolo xxi.


ma pari all’armonioso abitatore del cielo chiuso in gabbia, ogni giorno più perdeva della sua naturale vispezza.

Filippo rendeva quasi credibile la leggenda di Merlino, il savio mago, che lo afferma chiuso vivo dentro un sepolcro. I suoi occhi balenavano di tratto in tratto, ma le ciglia irsute provvidamente ne nascondevano il lampo; guai a lui se i superiori lo avessero avvertito; lo avrieno fatto spulezzare più che di passo; mentre presso costoro entrava in favore il celere obbedire, l’ostinato tacere e il non mostrare pietà!

Curio condusse Eufrosina alla madre, la quale a sua posta stette maravigliata da così eccelsa bellezza, e in breve, più che della bellezza, le piacquero l’anima ingenua e il forte volere. Ella sentì subito che Dio le mandava un raggio di consolazione per sollievo dei giorni che Arria traeva con tanta angoscia verso la tomba. Avrebbe la signora Isabella desiderato tenerla presso di sè, anche per conforto della propria tristezza, ma considerando lo stato in cui si versava Filippo, cacciò via da sè cotesto pensiero come una tentazione del demonio. Molti furono i ragionari e diversi, i quali veramente si potevano risparmiare, dacchè la conclusione stesse in mano della necessità, ed era: sperare e aspettare.

Chi immaginò prima il tempo vecchio ad un punto ed alato, sicuramente lo ebbe a provare in vita sua