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capitolo xix. 399


laboratorio della natura, che la terra costretta alla compagnia della sobria virtù. — Parrebbe che a scavare tutte queste cose l’uomo ci avesse ad essere condotto come un condannato alle miniere, ma no; egli si arrangola per sapere e far sapere cl’è una bestia, e va su i mazzi a pensare che la sua figlia leverà gli occhi al firmamento per richiamare la memoria di lui morto, invece di cercarne la traccia fra i lumbrichi del terreno guasto. E’ sono gusti!

I parenti dell’Elvira provarono per la morte di lei maravigliosa contentezza, però non la palesarono, paurosi di rimuginare la cloaca; in segreto ne fecero baldoria; dove e come morisse lo seppero pochi: tuttavia rimane in certo mondo memoria di lei come della più bella e più abietta creatura che sia comparsa fra noi a dare l’ultimo sfregio su la faccia della nobilea italiana.

Omobono, uscito di prigione con fronte più invetriata delle maioliche di Luca della Robbia, ricomparve in Borsa, abbordando disinvolto or questo, or quello dei suoi conoscenti. Guai al banchiere caduto! Il sodalizio loro è compagnia di lupi, uniti per divorare: quando taluno resta ferito, gli altri gli saltano addosso per divorarlo; nè certo ci è da fare le maraviglie, che finisca in odio un amore che nei giorni più lieti si nudriva con dolci messaggi di protesti, conti di ritorno e precetti a pagamento. Non giovava pertanto scansarlo, nè vol-