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capitolo xviii. 251


E Omobono zitto: il vecchio continua:

— Urge che tu riscontri il portafogli, rechi tutto in danari, e ce lo spartiremo... cioè, io piglierò due terzi e tu un terzo.

E il giovane zitto: prosegue l’altro:

— Tu con questo bene di Dio ti ecclisserai; vai in America, ovvero in Australia, e appena ti sappia in salvo io mi dichiarerò fallito.

Il Nassoli, che pareva sbadato pigliarsi diletto di segnare numeri sopra un foglio, qui levò lemme lemme il capo ed osservò:

— Ecco, su i libri del signore Omobono potremmo, per meglio colorire la cosa, segnare altre cinque o settecentomila lire come prese dalla cassa del suo signor nonno.

E il nonno:

— Voi osservate saviamente, Nassoli.

— Ch’è quanto dire, soggiuse il giovane, che io ho da figurare essere stato la causa del suo fallimento?

— Già.

— E per dare colore alla cosa mi toccherà scappare, lasciandomi dietro la opinione di aver rubato la cassa.

— Sicuro.

— Ma chi mi entra mallevadore che io non sarò agguantato anche fuori, e qui, tradotto con le manette, giudicato e condannato a pena infamante?