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una per minuto secondo, vorrei sapere a ragguaglio di tempo quante ne vadano in prigione.

La mattina di poi Sotero, prima delle sette, fece chiamare il direttore, e coll’aria spigliata di persona usa di favellare con sottoposti gli disse:

— Signor direttore, voglia avere la compiacenza di procurarmi quanto occorre per iscrivere una lettera.

Ebbe il necessario: scrisse la lettera, la sigillò e poi sporgendola al direttore incominciava:

— Ella farà in guisa... — Ma il direttore interrompendo rispose:

— Io non posso acconsentire che di qui escano lettere senza il visto dei giudici istruttori...

— Anzi, Sotero prosegue senza neppure badarlo, mi occorre ch’ella si pigli il disturbo di portare da se questa lettera e attenderne la risposta. Come V. S. può vedere, io la dirigo a S. E. il presidente del Consiglio dei ministri; lo troverà senz’altro nel suo palazzo, dove ella non indugi ad andare; prenda questa carta e la dia al servitore perchè la passi al signor presidente, e vedrà che non la faranno attendere.

Anche in cotesta occasione si trovò vero il proverbio che il mondo è fatto di cui se lo piglia; il direttore a sua posta rimase soggiogato, e sì che burbero uomo era, e se sopra di lui premeva una legione di uomini che lo costringevano ad obbedire.