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capitolo xiii. 279


salario e se vuoi anche una fra le tante arie che canta la signora: Ti lascio al ben che adoro; ovvero

Separiamci da forti e non si pianga.

— Dunque, che cosa stilliamo?

La idea del furto si affacciò dapprima come un fuoco fatuo sopra l’orizzonte estremo di cotesti due crani; poi ci ricomparve più insistente; prese forma, prese colore; che più? all’ultimo prese l’aspetto di spiegazione del Vangelo, predicato da un prete: cosacco, diceva la predica, propriamente significa ladro, e ciò sta ad attestare come il russo per naturale propensione tenda al furto. Dio ci ha fatto, non noi; noi dobbiamo e possiamo combattere gli istinti di natura e incamminarci per quanto ci è dato sopra il sentiero della perfezione: ora per mantenerci onesti ci vogliono quattrini; di qui la necessità di rubare un’ora per durare onesti tutto il tempo della nostra vita.

E ragionavano giusto come Dante operò: intendevano passare dall’inferno per andare in paradiso.

Un concetto gittato nella corrente del pensiero è pari ad un tronco caduto in balia del fiume: entrambi devono per necessità giungere al fine; quello col traboccare nell’azione, e quest’altro nel mare; però i nostri coniugi nel colmo di una notte entrano chetamente nella camera dove dorme Eponina,