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capitolo xi. 135


dove non fossero riusciti a farla liscia tutta di un pezzo, di una pipita ne sarebbe nato un panereccio.

— Certo, aggiungeva il giovane bizzarro, io la pagherò con parecchi giorni di prigione, e mi toccherà per soprassello chiedere scusa, ed io fin d’ora me ne dichiaro contento per quattro precipue ragioni; le altre non si contano. Prima, ed alzò il pollice, perchè se mi avesse trovato senza le camicie, e le mutande da munizione, in carcere ad ogni modo mi toccava ire. Seconda, e spiegò l’indice, perchè mi venne fatto preservare dalla prigione tanti compagni amatissimi. Terza, e sollevò il medio, per la berta che ho dato a codesto zuzzurullone di colonnello. Quarta, e drizzò l’anulare, pel gusto matto che avrò quando, dovendo chiedere scusa, mi fia concesso contemplare a mio agio cotesto . . . . . .

— Di grazia, disse Curio, si potrebbe sapere di che paese siete?

— Se foste stato allo inferno lo avreste riconosciuto senza domanda:

.... ma fiorentino
Mi sembri veramente quand’i’ t’odo.

E Curio sorridendo: — Il proverbio non mente: chi l’ha a fare con tosco non vuole esser losco.

L’altro, mesto, di rimando: — Se arguzia bastasse, beati noi! ma ora la patria mia abbisogne-