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capitolo viii. 301


fuggire di mano, quindi anche egli punto da scrupolo (o che credete, che po’ non non avesse coscienza anche don Liborio?) di commettere simonia, portatesi tutte queste ciarpe in Corsica, negoziava coi preti dei paesi poveri come san Quintino, che sonava a messa co’ tegoli, e dava in elemosina, vale a dire in salario delle messe, o candelieri, o pianete, o vasi di fiori sbiaditi a prezzo esorbitante, di rado aggiungendo danari, od aggiungendovene a spizzico: a questo modo si procurava certificati della puntuale celebrazione delle messe, che spediti in Francia, accettavansi per buoni, bastando ai committenti francesi avere tanto in mano da ninnare la coscienza perchè si addormentasse. Tuttavia la confessione non fu mai più concessa a don Liborio: gli permisero la predicazione, però che assai si mostrasse prestante in simile faccenda, invero copiosa era la messe che racoglieva nel suo apostolato, massime nel propagare il domma della Immacolata Concezione1.




  1. È storico il fatto del prete, che col tacco delle scarpe ruppe il cranio al pargolo avuto in virtù di scelleratissima seduzione: storico lo averlo gittate in una chiavica: successe a Pisa, fu giudicato dalla Corte di Lucca. Storica è pure la mercatura delle messe, barattandole in tante ciarpe, come racconto.