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di farlo accortamente. Or odi quello

ch’io vo pensando: ch’oggi sul meriggio
qui, sola, fra quest’ombre e senz’alcuna
de le tue ninfe tu ten venghi, dove
mi troverò per questo effetto anch’io.
Meco saran Nerine, Aglauro, Elisa,
e Fillide e Licori, tutte mie
non meno accorte e sagge che fedeli
e segrete compagne, ove, con loro
facendo tu, come sovente suoli,
il giuoco «de la cieca», agevolmente
Mirtillo crederá che non per lui,
ma per diporto tuo ci sii venuta.
Amarii.li. Questo mi piace assai; ma non vorrei
che quelle ninfe fossero presenti
a le parole di Mirtillo, sai?
Corisca. T’intendo, e ben avvisi; e fie mia cura
che tu di questo alcun timor non aggia,
ch’io le farò sparir quando fia tempo.
Vattene pur, e ti ricorda intanto
d’amar la tua fidissima Corisca.
Amarii.li. Se posto ho il cor ne le sue mani, a lei
stará di farsi amar quanto le piace.
Corisca. Parti ch’ella stia salda? A questa ròcca
maggior forza bisogna. S’a l’assalto
de le parole mie può far difesa,
a quelle di Mirtillo certamente
resister non potrá. So ben anch’ io
quel che nel cor di tenera fanciulla
possano i preghi di gradito amante.
Se ridur ci si lascia, a tal partito
la stringerò ben io con questo giuoco,
che non l’avrá da giuoco. Ed io non solo
da le parole sue, voglia o non voglia,
potrò spiar, ma penetrar ancora
fin ne l’interne viscere il suo core.