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atto quinto 321

Alt. Che vedo!
Cal. (sorpreso) Tu impedisci, Turandotte,
     Quella morte, che brami! Tu capace
     Sei d’un atto pietoso! Ah, tu vuoi, barbara,
     Ch’io viva senza te, che in mille angosce.
     Ed in mille tormenti io resti in vita.
     Di tanto almen non esser cruda; lascia,
     Ch’esca da tal miseria, e, se capace
     Sei di qualche pietà, so, che in Pechino
     E Timur, padre mio, privo di regno.
     Perseguitato, lacero, mendico.
     Invan cercai di sollevar quel misero.
     Abbi di lui compassione, e lascia,
     Ch’io m’involi dal mondo, (vuol uccidersi;
     Turandot lo trattiene
)
Tur. No, Calaf.
     Viver devi per me. Tu vinta m’hai.
     Sappi... Zelima, a’ prigionier te’n corri,
     Consola il vecchio afflitto, ed il fedele
     Ministro suo; la madre tua consola.
Zel. E come volontier! (entra)
Adel. (con entusiasmo da sè) Tempo è di morte;
     Più speranza non c'è.
Tur. Sappi, ch’io vinsi
     Per un trasporto sol. Tu palesasti
     Ad Adelma, mia schiava, in non so quale
     Trasporto tuo stanotte, i due proposti
     Nomi, e gli seppi. Il mondo tutto sappia,
     Ch’io capace non son d’un’ingiustizia,
     E sappi ancor, che le tue vaghe forme,