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prefazione. clvii

lude ad essa il Gozzi, allorchè, parlando degli imitatori delle Fiabe, scrive: «essi affidarono alle immense decorazioni, alle trasformazioni e alle agghiacciate buffonerie. Non intesero nè il senso allegorico, nè la urbana satira del costume, nè la forza dell’apparecchio, nè la condotta, nè il vigore intrinseco del genere de me trattato.1» Ma, a proposito del voltafaccia dell’Albergati, il Gozzi non si contentò di anonime allusioni, e poichè alla dedica del Sofà egli avea corrisposto gentilmente, dedicando all’Albergati il tomo quinto della sua edizione del 1772, ristampò nel 1802 la dedica Albergatiana e finamente derise la mutabilità dei gusti del Commediografo Bolognese, che dall’ammirazione per le Fiabe era trascorso ora all’ammirazione pei drammi lagrimosi.2 Meritevole di speciale ricordanza è il fatto che il Goldoni, stando a Parigi e giungendogli colà l’eco dei trionfi delle Fiabe, volesse comporne una egli stesso quasi a rinnovare col Gozzi l’antica rivalità anche sul campo, ch’egli stesso s’era scelto per far contrasto alla Commedia Goldoniana, La pretesa Fiaba del Goldoni è intitolata: Il Genio Buono e il Genio Cattivo e fu rappresentata a Venezia nel 1768.3 Che il Goldoni, nel mandare a Venezia

  1. Memorie cit. Parte 2a, Cap. 4, pag. 32, 33.
  2. Vedi: Comento al Frammento primo nella Più lunga lettera etc, già cit. Ediz. 1801, 1802, Tom. XIV.
  3. Vedila nel Tomo XII delle Commedie Buffe in prosa del Sig. Carlo Goldoni. (Venezia, Zatta 1793).