Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/224

214 la marfisa bizzarra

35
     Era quivi in disparte certa suora,
che al remore, alle cose, al parapiglia,
non s’era mai degnata d’uscir fuora,
come chi saviamente si consiglia.
D’una bellezza è tal, che, se in un’ora
la descrivessi, farei maraviglia:
bianca, ben fatta, giovine, d’un viso,
d’un occhio, d’un guardar di paradiso.
36
     Se le scolpiva in faccia dell’interno
la contentezza, la quiete vera;
al piú cocente state, al peggior verno,
godea quella forte alma primavera.
Conoscea veramente che l’eterno
Bene desiderabile, e solo, era.
Raccolta mai per monaca richiesta
non avea detto il ver siccome a questa.
37
     Al ragionar furente di Marfisa,
bizzarro ed empio e scandaloso e forte,
disse all’altre sorelle in questa guisa
e alla badessa, e’ ha le luci torte:
— Suore, scorgete mai ch’ella è divisa
dal pensar dritto? usciamo delle porte,
e lasciatela in pace, che i rimbrotti
fan mal peggiore ne’ cervei corrotti.
38
     Queste parole, ch’ella ha dette, sono
de’ libri suoi moderni, che l’han guasta;
insegnamenti che le han dati in dono
gli spirti forti di novella pasta.
Ugualmente a’ conventi è il secol buono,
ma la rete oggi in quello è troppo vasta.
La rabbia, ch’ella or prova, e la vergogna
son frutti del suo secolo carogna.