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496 ATTO PRIMO
  Non sanno i semplici

  Che tutti fingono:
  Che il vero tingono
  Di falsità.

SCENA VII.

Camera in casa di Bonafede con loggia aperta, tavolino con lumi e sedie.

Flaminia e Clarice.

Clarice. Eh venite, germana,

Andiam su quella loggia,
A goder della notte il bel sereno.
Flaminia. Se il genitor austero
Ci ritrova colà, misere noi!
Clarice. Che badi a’ fatti suoi.
Ci vuol tener rinchiuse
E dall’aria difese,
Come fossimo noi tele di ragno.
Flaminia. Finchè noi siam soggette
Al nostro genitor, convien soffrire.
Clarice. Ma io, per vero dire,
Stanca di questa soggezion noiosa,
Non veggo l’ora d’essere la sposa.
Flaminia. E quando sarem spose,
Avrem di soggezion finiti i guai?
Anzi sarem soggette più che mai.
Clarice. Eh sorella, i mariti
Non son più tanto austeri.
Aman la libertade al par di noi;
Ed abbada ciascuno ai fatti suoi.
Flaminia. Felici noi, se ci toccasse in sorte
Un marito alla moda. Ah sventurate,
Se un geloso ci tocca!
Clarice.   In pochi giorni,