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LETTOR GENTILISSIMO.

P

OCHI saranno quelli, che letta l'Arcadia in Brenta non avranno1. Si sa quasi comunemente aver figurato l’Autore di quest’Arcadia una conversazione di sette civili ed oneste persone in un luogo delizioso fra quei magnifici palaggi che adomano il fiume Brenta, e che formano una delle più belle villeggiature d’Italia. Tre uomini e tre donne formavano la raunanza, cioè Silvio, Giacinto, Foresto, Marina, Rosaura, Laura, a’ quali s’aggiunse dopo qualche giorno Fabrizio Fabroni di Fabriano, che per la sua età e per il suo carattere, misto di sciocco e di faceto, riescì il condimento della gioconda società loro. L’Arcadia, di cui ora parlo, consiste principalmente in molti arguti, detti faceti, novelle spiritose, canzonette, madrigali, e cose simili, per lo che, potendo una simile conversazione intitolarsi giocosa Accademia, fu per la stessa ragione dall’Autore intitolata l’Arcadia in Brenta, colla rispettiva similitudine dell’Arcadia di Roma, in cui cose più serie e più elevate si trattano2.

Io adunque per argomento della mia presente Operetta non prendo già l’Arcadia in Brenta, che scritta trovasi dal nostro Autore, poiché in essa materia non trovo per una teatrale Rappresentazione.

Sul fine di detta Arcadia, sciogliendo gli sette Arcadi la loro gentile conversazione, s’invitano vicendevolmente per la susseguente

  1. Allude il Goldoni all’Arcadia in Brenta overo la Melanconia sbandita di Ginnesio Gaoardo Vacalerio (o anche Vacallero), cioè del N. U. Giovanni Sagredo (1616-1694), cavaliere veneziano, edita la prima volta a Venezia (falsamente Colonia) nel 1667 e ristampata moltissime volte. Vedi specialmente G. B. Marchesi, Per la storia della Novella Italiana nel secolo XVII, Roma, 1897. cap. IV.
  2. Forse non ricordava il Goldoni che la famosa Arcadia romana sorse nel 1690.