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BERTOLDO 251
  Sento, ohimè, che il mio cervello

  Già mi sbalza in qua e in là;
  Io non vedo che mi faccio,
  Che mi dico, e dove sto.
  Il mio core poverello
  Pare un ferro già infocato;
  Tra l’incudine e il martello
  È battuto e martellato,
  E riposo più non ha.
  Tuppe tu, ta, ta, pa, ta.
  S’ha da dir per sto contorno,
  Che Menghina se ne va?
  Ma perchè? fammi capace,
  Bertoldino, non ri piace?
  E pur ella se n’andrà1.
  Ma c’è quest’altro imbarazzo,
  Che s’io parlo, sembro un pazzo,
  E dirà tutta la gente:
  Villanaccio, ben ti sta. (parte

SCENA XI.

Camera Reale.

La Regina, poi il Re e Servi.

Regina. Possibile che tanto

Possa lungi da me star il mio sposo?
Ahi, che meno amoroso io lo pavento.
Un solo, un sol momento,
Lasciar non mi solea. Pur troppo è vero,
Dopo quei giorni di primier diletto,
Si stanca l’uom del maritale affetto.
Re. Mia cara.
Regina.   Ah, se tal fossi,

  1. Ho cercato di correggere la punteggiatura che nell’ed. Fenzo è del tutto errata ma questo luogo non riesce chiaro.