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BERTOLDO 249
Bertoldino. Che vuol dai fatti miei?

Menghina. n Via, Bertoldino,
Caro, caro, carino,
Andiamo un poco in Corte,
Forse migliorerem la nostra sorte.
Tutto il dì si fatica,
Facciam di noi strapazzo,
Senza un po’ di sollazzo, e finalmente
Poco si mangia, e non si avanza niente.
Bertoldino. Sì, sì; sentito ho a dir che in la città
Certa gente si dà,
Che senza faticar sazia sue voglie
Col beneficio d’una bella moglie.
Ma io ti parlo schietto,
Povero esser vorrei, non poveretto.
Menghina. Sciocco che sei! Per tutto,
Chi giudizio non ha, si rompe il collo.
Il soverchio timor la donna offende;
E chi pazzo pretende
La donna tormentar con gelosia,
Quello gl’insegna a far che non faria.
Bertoldino. Quando dunque è così, vattene pure.
Menghina. Ancor tu dei venir.
Bertoldino.   Verrò, ma prima
Voglio dal padre mio qualche consiglio,
E vuò meco condur anco mio figlio.
Menghina. Sì, sì, ne avrò piacer.
Erminio.   Via, su, venite, (a Menghina
Porgetemi la man.
Bertoldino.   Non ha bisogno;
Sa camminar da sè.
Menghina.   Vuol la creanza,
Che si vada all’usanza.
Benché tra boschi nata,
Del costume civil sono informata.