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342 PARTE PRIMA
Livietta.   Per me? Tu menti.

Che facesti per me?
Cardone.   Non tel rammenti?
Chi dal hosco ti trasse?
Chi ti fe’ cittadina?
Chi gli abiti, le gioje, e chi il denaro,
Ch’ora spendi, ti diè? Stelle! che sento!
Non lo rammenti più?
Livietta.   Non mel rammento.
Cardone. Ah barbara, ah crudele!
Io ti trassi dal nulla, e tu nel nulla
Mi riducesti: oh memorando eccesso!
Oh barbara natura! oh ingrato sesso!
Livietta. Ma chi fu la cagione
Del precipizio tuo, se non tu stesso?
Di me ti lagni adesso?
Fu la tua vanità, la tua superbia,
Che per mostrarti allora
Grande più che non eri e dovizioso,
Ti faceva far meco il generoso.
Io chiesi e non rubbai;
Donasti, ed io pigliai;
Se volesti così, non far schiamazzo:
Io savia fui, se tu facesti il pazzo.
Cardone. Hai ragione; gli è vero: il pazzo io fui.
Imparate, imparate,
Uomini delle donne adoratori:
Questi sono alla fine i nostri onori.
Crudel, dunque sintanto
Che suonava il contante,
Cardone era il tuo amante1;
Senza dinari2 adesso,
Il povero Cardon non è lo stesso.
Pazienza!

  1. Ed. genovese: era tuo amante.
  2. Nell’ed. genovese, qui e sempre: danari.