Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1928, XXVI.djvu/275


L'AMANTE CABALA 273

SCENA IV.

Catina e detto.

Catina. Za che più no ghe xe (torna alla finestra

Quella tarizadora1 temeraria,
Vôi tornar al balcon per chiappar aria.
  Per altro son pur matta,
  A starme a travaggiar;
  Sul muso una zavatta2
  Piuttosto ghe vôi dar.
Filiberto. Ecco già ritornata
La giovine garbata: eh, già non credo
Tutto il mal che di lei Lilla m’ha detto;
Il solito difetto
Delle femmine è questo: altro non fanno
Che dir quello che sanno e che non sanno.
Vuò tentar, se con questa
Vi fosse da far bene; io già non cerco
Finezze, amplessi, o vezzi,
O simili tesori immaginari.
Non mi curo d’amor, cerco denari.
Catina.   Se la me salta suso,
  Col so parlar roman;
  Ghe voggio dar sul muso
  Un pugno venezian.
Filiberto. Io mi voglio introdur, ma per poterla
Maggiormente adescar, finger conviene
Un altro personaggio,
Cangiar nome, paese, ed il linguaggio3.
Servitor riverente alla patrona.
Catina. Patron, la reverisso.

  1. Criticona: v. Patriarchi. Nel Boerio c’è solo il verbo tarizar (tarizini, ossia critici, v. nel glossario in fine al t. III del Bertoldo "in lengua veneziana" di Isepo Pichi, Padova, 1747). Ma nelle edd. Tevernin e Zatta leggesi raziradora (nel Boerio c’è solo razirar, ingannare e razirona, raggiratrice).
  2. Ciabatta.
  3. Zatta: aria, linguaggio.