Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1928, XXVI.djvu/168

166

mentre qualche umile intermezzo osava passare le Alpi segnando il cammino all’opera giocosa italiana nella seconda metà del Settecento.

Nel libretto del Federico c’è più unità e vivacità d’azione; ma poeticamente la Serva padrona non supera il Pimpinone del Panati o la Melissa o il Parpagnacco, di cui ignoro l’autore, o l’Impresario delle Canarie del Metastasio. Nella Pupilla e nella Birba il Goldoni diede all’intermezzo maggior sviluppo: tre sono i personaggi che parlano e tre gli atti o parti, nell’ediz. primitiva. Tenue l’intreccio della Birba. Sono scene legate da un filo sottile che servono a rappresentare la vita caratteristica dei ciarlatani di piazza ossia delle birbe, come dice il titolo: sono quadretti originali di un aspetto caratteristico della Piazza e dei campi di Venezia, specialmente durante il carnovale, nel Settecento (Ortolani, Voci e visioni del Settecento Veneziano, Bologna, 1926, pp. 62-63): il finto mercante schiavone, il finto tartaglia, la finta cavamacchie bolognese, la finta orbetta veneziana, il finto storpio napoletano, il finto cenciaiolo, il cantambanco. Nè manca qualche spunto satirico del tempo (Ortolani, Settecento - L’Abate Chiari, Venezia, 1905, p. 421).

Mario Penna chiama addirittura la Birba "un piccolo capolavoro del genere" e vi ritrova la gioia del Goldoni nel rivedere, dopo due anni di traversie e d’amarezze, la sua bella Venezia. L’elemento popolare del Gondoliere "si spiega ora con efficacia tanto maggiore", perfino i travestimenti “trovano una certa ragione logica”.” Ma v’ha di più: accanto a quest’elemento, che, derivandogli da un vivo senso di realtà, costituirà una delle basi del suo teatro - ora un altro si va delineando - vago ed impreciso ancora, ma che sarà fecondo delle migliori attuazioni. Qui fra le beghe della strada intravvediamo altre beghe, quelle domestiche: la moglie ed il marito che si rovinano spassandosela allegramente e poi a vicenda s’incolpano della sopraggiunta miseria e le due cognate che litigano". "E così i personaggi di questa composizioncina sono animati da un soffio inusitato di verità e di vita”.

Qui certamente non ci troviamo ancora innanzi ad una pittura di carattere, ma vediamo già colta una situazione vera e vissuta, dalla quale avranno vita due dei primi caratteri del Teatro Goldoniano: Ottavio e Rosaura della Donna di garbo". "Qui è già innegabile l’attitudine a creare un carattere, non descrivendolo, ma rappresentandone i segni più immediatamente sensibili: il che è il segreto dell’arte comica”: Il noviziato di C. Goldoni, Torino, 1925, pp. 53-56.

La signora Marchini-Capasso ci dà, più che tutto, il riassunto del vivace intermezzo, ma avverte un "primo accenno" del Goldoni "alle spese smodate che conducono a rovina, e alla smania del divertimento”. Lindora "è una figura tolta, sia pur rozzamente, dal vero, lontana precorritrice delle tante donne di testa debole" del teatro goldoniano: Goldoni e la commedia dell’arte, Napoli, 1912, pp. 56-57 e 188-190. Nota pure, come il Penna, l’affinità col teatro dell’Arte, che io non riesco bene a scoprire.

Ricorderò piuttosto per la somiglianza del titolo, non per altro, una commedia di Gennaro Antonio Federico, Li birbe, scritta nel 1728 (Scherillo, L’opera buffa napoletana, in Collezione Settecentesca, 1916, pp. 207 e 208) e un Intermezzo, I birbi (o Li birbi: v. Wiel), che non ho potuto vedere, recitato nel teatro di Sant’Angiolo a Venezia nel 1732, con musica del