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396 ATTO QUARTO

ATTO QUARTO

Prima però che il braccio s’armi a crudel fierezza,

Vuol ragion che si adopri l’industria e la dolcezza.
Il re non è tiranno: se amor fa il suo periglio,
Seco non sarà forse inutile il consiglio.
Se i libri del destino sono ai suoi lumi aperti,
Vedrà, sol che s’illumini, gli errori suoi scoperti;
E se lo studio incerto ad operar non basta,
Odierà quell’affetto cui la ragion contrasta.
Ecco l’uman consiglio ch’ora mi detta il core:
Prima sia la pietade; l’ultimo sia il rigore.
Sidone. Il pensar di Teocrate1 mi piace estremamente.
Tutto quel che si dice non nega e non consente.
Al ben si corre presto; al mal si va restio.
Seguir il suo consiglio ho risoluto anch’io.
Cleonte. Più di quel che pensate, per Zoroastro in petto
Serbai, fido vassallo, amor, fede e rispetto.
Tentai parlargli al core; ma l’opra mia fu vana:
Troppo il misero accieca una passione insana.
Abbiam scaltra nemica che a debellarci aspira:
Tutto temer si deve dall’arti di Semira;
E se tempo gli diamo da consigliar con lei...
Sidone. All’armi, all’armi subito, all’armi, amici miei.
Teocrate. Come ridur pensate a secondarci il regno?
Cleonte. L’opera è incominciata.
Sidone.   Cleonte è un uom indegno.
Due sono i bravi spiriti di senno e di valore:
Uno è Cleonte, e l’altro... Noi dico per rossore.
Lisimaco. Chi condurrà l’impresa?...
Cleonte.   Vi svelo il grande arcano:
Ma rinnovate2 il voto dell’etera al sovrano;
E la fatali vendetta del nume punitore
Chiami sopra se stesso chi fosse il mancatore.
Teocrate. Pera chi fè non serba.
Lisimaco.   Puniscasi il fellone.

  1. Nel testo, per errore, è stampato: Teocrito.
  2. Nel testo: rinovate.