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ZOROASTRO 345
Ma pur da questo velo l’occhio talor penetra

Nel sen della natura, e può salir sull’etra.
Ei che il mondo costrusse col suo saper sovrano,
Nel cielo e nella terra opra non fece invano.
E dei pianeti il corso che mai non preterisce,
Al mondo sublunare si adatta ed influisce.
Però chi l’occhio inalza del ciel fra gli ampi vani,
Degli astri e delle sfere può penetrar gli arcani,
Non quei che a sè riserba l’autor dell’alta sede,
Ma quei che ai studi nostri di ravvisar concede;
Sui moti inalterabili fondasi tal scienza,
Ed è dei vaticini maestra l’esperienza.
(odesi di lontano il suono di trombe
Teocrate. Odi il suon militare scender dal colle aprico?
(a Zoroastro
Zoroastro. Ite a scoprir, miei fidi, amico se è, o nemico.
Cleonte. Io ne andrò, se il concedi; ma ti assicura intanto
Che siam dalle milizie difesi in ogni canto;
E in virtù del comando, che a me tuo servo hai dato,
Posso d’ogni sorpresa assicurar lo stato.
Zoroastro. Va, la tua fè mi è nota. (a Cleonte
Cleonte.   (Esser dovria Semira,
Che in mio poter fidando, a questo regno aspira).
(da sè, e parte

SCENA II.

Zoroastro, Teocrate, Sidone, Lisimaco, Guardie.

Teocrate. Signore, il suon che sembra scorta di stuol guerriero

In queste ore notturne, non par senza mistero.
Lisimaco. Dei Sciti e degli Assiri deesi temer l’inganno.
Nino è figlio di Belo, dei popoli tiranno;
E il genitore estinto avrà nel cor del figlio
L’avidità trasfusa e il barbaro consiglio.
Zoroastro. Belo fu mio nemico; Belo superbo altero