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Non restò il Vendramin troppo persuaso, preoccupandosi della spesa per la messa in scena, delle famose etichette dei comici e così via (Mantovani, pag. 150 e sgg.); si che dovette il Goldoni, in un letterone del 21 agosto. pure da Bologna, spiegargli il progetto delle nove composizioni e dissipare i dubbi sull’opera spedita allora: "Ella ha letto la tragicommedia, e le ha cagionato de’ gran pensieri. Veggo dove sono appoggiati, e spero rasserenarla. Ho pensato di dare al pubblico per prima rappresentazione una di quelle che corrono in voga a di d’oggi. Non creda, che per eseguirla vi vogliano grandi spese. Il campo di Alessandro si fa con dei Padiglioni; di questi alla Compagnia non ne mancano. Il seguito delle Amazzoni ho detto se si può; per altro per la scena bastano le due che parlano. Il tempio i comici l’hanno, e un Mausoleo di carta dipinta non costa molto. Io sono avvezzo a far le cose con poca spesa" (pag. 127). Poi aggiungeva: "L’azione mi par nobile e interessante. La critica dei novellisti mi par ridicola ecc.... Lo stile Drammatico, creda pure, che in teatro fa bene. Ne abbiamo avuto l’esempio per tanti anni, ed ora il popolo par che torni a desiderarlo" (pp. 127-128). Per la distribuzione delle parti il Goldoni si rimetteva al Vendramin "ed ai comici stessi, desiderando che le cose vadano bene, e che siano tutti contenti" (pag. 130). Solo temeva che il revisore non approvasse una certa scena: "Vi è una scena, dove il revisore potrebbe sottilizzare. Se ci fossi io, si accomoda subito" (lett. 28 agosto. pag. 141). L’11 settembre spediva anche il Prologo al Pitteri, perchè fosse tosto stampato.

I teatri si aprirono a Venezia l’8 ottobre (Gradenigo. Notatorj presso il Civico Museo Correr). Alla recita degli Amori d’Alessandro precedette quella del Prologo, ossia del Monte Parnaso, dove parlano in verso Apollo e le Nove Muse, e ogni Musa annuncia una commedia nuova. Apollo accusa blandamente il pubblico, avido di novità: "Spirto talor di novità inquieto — Rende il popolo, è ver...". Poscia dice Clio;

Nella Scenica arena
Prima dunque discendo, e ai Spettatori
Vo’ d’Alessandro figurar gli amori.
Tragiche azion fin’ora
Del Macedone Eroe cantaro i Vati.
Io rallegrare intendo
Senza tradir la Maestà del nome,
Senza mentir, senza far torto al vero,
Il genial spettacolo primiero;
A render mi lusingo
L’opra che Tragicomica si appella
Col Dramatico stil più vaga e bella.

Non sappiamo se tale Introduzione annoiasse i Veneziani o se la stampa di questo canto e la promessa del poeta fossero gradite (un esemplare del Monte Parnaso trovasi presso la Marciana di Venezia: fu rist. nel t. X, cl. 3. dell’ed. Zatta, prima degli Amori d’Alessandro Magno). Una consimile idea, non nuova nei teatri musicali del seicento, aveva avuto l’ab. Chiari nell’autunno del 1751 sul teatro di San Gio. Grisostomo (G. Ortolani, L’ab. Chiari e il Settecento. Venezia, 1905, pag. 450; e Zardo, l. c., pag. 4).