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GLI AMORI DI ALESSANDRO 139
Amar, servire, desiar m’è forza;

Ma qual poter mi sforza
A una nemica in preda
Consacrare il mio cor? Vinca natura,
Ma ragion non perisca; e se l’interno
Incognito desir sprona all’affetto,
Sia conforto la sposa e non dispetto.

SCENA VII.

Rossane e detto.

Rossane. (Eccolo. Ah! nel vederlo

Cessa dell’ira il foco,
E riprende l’amore il primo loco).
Alessandro. (Oh dei! Rossane è questa! E perchè mai
Un sì bel core, o Numi,
Collocare nel sen di schiava umile?
Ma chi apprezza virtù, non è mai vile).
Rossane. Alessandro, perdona,
Se in mezzo alle vittorie
Vien Rossane infelice
I tuoi trionfi a funestar col pianto.
So che del tuo gran core
Fiamma indegna è una schiava. Il mio sovrano
Poco non fa, se un guardo
Getta sul mio sembiante,
E so quanto il mio grado è al suo distante.
Pur fra i pensier che a gara
Avvilir mi vorriano, ancor mi resta
La memoria felice,
Ch’io ti piacqui una volta, e che scordato
L’onor di tua grandezza,
Tu mi rendesti ad adorarti avvezza.
Quella son, quel tu sei. Creder non posso