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ENRICO 541
In noi puote cangiar lo stesso affetto?

Infedel mi credeste; io vi credei
Mancatrice, sleal. La mia innocenza
Nota vi feci, ed io la vostra intesi.
V’amo quanto v’amai, nè creder posso,
Che se un giorno mi amaste, ora mi odiate.
Vi replico, Matilde, io qui non sono
Per tradir vostra fama, anzi col sangue
Questa difenderò. Ma per quei primi
Fortunati momenti in cui vi piacqui,
Siate meco sincera. Il vostro labbro
Deh non mentisca. Da colei che un giorno
Tanti sparse per me sospiri e pianti,
Poss’io questo sperar?
Matilde.   Tutto potete
Sperar da me, se il mio decoro è salvo.
Enrico. Non è mai colpa il confessare il vero.
Qui nessuno ci ascolta. In ogni guisa
Salvo è il decoro vostro. Io bramo solo
Questo saper da voi: se ancor mi amate.
Matilde. Poichè, signor...
Enrico.   Deh sospendete ancora
Di rispondermi. Udite. Io già preveggo
Qual sarà la risposta: Io più non v’amo,
Così vuol la mia gloria e l’onor mio.
Sì, v’intendo: Poichè, (volete dirmi)
Signor, son moglie altrui, non posso amarvi.
Ma non parlan così quegli occhi accesi;
Essi a vostro dispetto a me fan noto
Quell’interna passion che nascondete.
Che vi giova negarlo? Un Re che v’ama,
Che v’assicura di non farne abuso,
Non potrà udir dal vostro labbro il vero?
Questo è troppo rigor. Deh non vogliate
Occultarmi, Matilde, il vostro cuore.