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ENRICO 513
Nè fingete1 un dolor strano cotanto,

Nè fingete un amore inopportuno
Che mai forse vi calse. Eh confessate,
Che il desio di regnar più di Matilde,
Vi fa bella Costanza. Io compatisco
Questa vostra elezione; un regal serto2
Non dovevasi a me, nè un regal core.
Io fui troppo superba, allora quando
L’uno e l’altro sperai. Non dovevate
Lusingarmi così, lasciarmi immersa
Sì lungamente in cotanto errore3.
Con le lagrime agli occhi io già previdi
Che perdervi dovea. Spietato! allora
Che ad ogni evento mi giuraste fede,
Disperarmi era meglio. Avrei piuttosto
Il demerito mio compreso allora
Causa del mio destino. A voi serbato
Io questo core avrei4, se non la mano,
E questa man d’altri giammai non fora.
Or più a tempo non son le scuse vostre.
Sposa son io d’Ormondo; e perchè troppo
Sta in periglio mia gloria a voi dappresso,
Mi conviene partir. Soffrite in pace
Che da voi m’allontani, e che per sempre
Vi dica addio. (in atto di partire, poi si ferma
Enrico.   Deh un sol momento ancora
Restate, per pietade. Ah no, mia vita,
Non disperate un Re, ch’è più disposto
Il trono rovesciar che abbandonarvi.
D’ambizion mi tacciate? Io la corona
Preferir a Matilde? Ah quest’oltraggio
Troppo pesa al mio cor. Vedrete, o cara,

  1. Così l’ed. Bettinelli: nell’ed. Zatta leggesi qui, e nel verso che segue, fingere
  2. Bett.: trono.
  3. Bett.: Ma non dovevi — Lusingarmi così. Voi non dovevi — Trattenermi cotanto in quest’errore.
  4. Bett.: Questo core averei.