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ENRICO 483
Riccardo. Donna è Matilde, ed esse, oh come tosto....1

Ormondo. No, Riccardo, per cento e cento donne
Di rio costume, il pregio suo non perde
Il numero maggior delle bennate.
D’ una moglie fedel ch’ami lo sposo,
Che soffrir sappia e moderar sue voglie,
Non v’è maggior felicitade al mondo.
Bello è vedersi una consorte allato,
Con cui cambiar gli amplessi, e il riso e il pianto
Con essa dimezzar2: quest’è, Riccardo,
Piacer che non ha pari...
Riccardo.   E quando sorge
La gelosia... Ma vien la principessa
Cui Leonzio m’invia.
Ormondo.   Sen vien ripiena
Di duolo, di desio, di fasto e tema.
Seco solo vi lascio. Io vado intanto
L’ ore felici ad affrettar coi voti.
(parte per la porta comune

SCENA IX.

Riccardo e Costanza che esce dal suo appartamento.

Riccardo. Più assai che in età3 verde, amor fa colpo

Nella matura etade.
Costanza. Il padre io perdo,
E non v’è chi si dolga? Il trono è vuoto,
Nè so a chi si destini. Altro non sento
Che applausi, viva4, e non so a chi diretti.
La più vile son io forse di tutti?
Oppur col padre le ragioni e il sangue
Perdei di principessa?

  1. Bett.: Non mi fate parlar contro il bel sesso.
  2. Bett.: e il riso, e il pianto — Far con essa comun. Gl’interni affanni — Con essa dimezzar' ecc.
  3. Bett.: in l’età.
  4. Bett.: e Viva.