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428 ATTO QUARTO
Questa condescendenza, onde a Rinaldo

Rendè Carlo la spada. Ei reo nol crede
Forse nel di lui cor, benchè qual reo
Mostri trattarlo. Egli ci fida,1 e aspetta
Forse noi dal confronto in pien Consiglio
Avviliti mirar. Carlo è un Monarca
Che sa fingere a tempo. Abbiam sinora
Contro Rinaldo fulminato accuse,
Che se sono sospette, in facil guisa
Ponno sciogliersi in nulla, e l’opra nostra
Può inutil divenir. Convien, Fiorante,
Giacchè persiste l’inimico nostro
Ad isdegnar d’esser con noi, conviene
Far che qual traditor resti convinto;
Nè vi sia dubbio, nè abbisognin prove
Perchè tale apparisca.
Florante.   Ed in qual modo
Ciò sperar si potrà?
Gano.   Coglier conviene
Dalle stesse sventure anco talvolta
Il consiglio miglior. Nostro periglio
È che Rinaldo in libertà si trovi
Con l’audace suo figlio, ed io m’impegno
Far che la loro libertà ci giovi.
Ascoltatene il come. Io scriver feci
Da un’incognita man due fogli, ed uno
A Ruggiero inviai, l’altro a Rinaldo,
Come testé vedeste. In essi io feci
Scriver così: la vita del Re nostro
È insidiata; chi è fedel vassallo,
Lo soccorra e difenda. Immaginate
Come s’accenderà l’altero zelo
Dei fanatici eroi: vorranno a gara
Carlo salvar; or io, Carlo medesimo

  1. Non è chiaro. Nelle edizioni dell’Ottocento fu stampato si fida