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DON GIOVANNI TENORIO 327
Vagheggiai lo splendor, cui non potrebbe

Abbastanza spiegar loquace labbro,
Nè il desio figurar. Fu un punto solo,
Bella, il vedervi e il sospirar d’amore.
D’insoffribile fiamma arder mi sento;
A voi chiedo pietà.
Donn’Anna.   Gli accenti vostri
Inaspettati, e forse mal sinceri,
M’han sorpreso, il confesso. Io non conosco
Pregio in me che di fama impegni il grido,
Nè ambiziosa sarei di possederlo.
Beltà passa cogli anni, e molto estimo
Più di frale bellezza un cuor sincero.
D. Giovanni. Bella sincerità, quanto sei rara!
Ah l’amo tanto, e tante volte invano
Rinvenirla tentai! Me fortunato,
Se l’amante cuor mio sperar potesse
In voi trovar la sospirata e bella
Fedeltà sconosciuta.
Donn’Anna.   Un cuor fedele
Altrui talor la fedeltade insegna.
D. Giovanni. Sperar può l’amor mio da voi mercede?
Donn’Anna. Se una giusta mercè chieder saprete,
Ingrata forse io non sarò.
D. Giovanni.   V’intendo.
Voi d’un casto imeneo parlar volete,
E questi è il fin del mio pudico amore;
Questa mano sospiro...
(vuol prender la mano a donn’Anna, essa la ritira
Donn’Anna.   Ad altro tempo
Si riserbi parlarne.
D. Giovanni.   Or che l’abbiamo,
A che tempo aspettar?
Donn’Anna.   (Nè giunge il padre,
Nè si vedono i servi).