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260 ATTO TERZO
Griselda. Ben mel predisse il core, e non l’intesi.

Oh dolcissima figlia, al sen ti stringo!
Oronta. Cara madre diletta, umil t’abbraccio.
Gualtiero. Roberto, è tempo omai che la tua fede
Abbia il merto condegno: io ti concedo
Oronta in moglie.
Roberto.   Oh me felice appieno!
Prendi, o cara, la destra.
Oronta.   Eccola. Io sono
Ben tre volte felice allor che acquisto
Genitor, genitrice e sposo a un tempo.
Gualtiero. Vieni, sposa diletta, in su quel trono
Or più che mai dovuto alla tua fede:
Vieni, e teco conduci il caro figlio.
In esso riconosca un degno erede
Del mio trono Tessaglia, e se v’è alcuno,
Che s’opponga al decreto, or si produca.
Corrado. Tutti approvan, Signor.
Ottone.   Più non temere,
Me pentito, trovar chi ti contrasti.
Griselda. Vengo a felicitar il cor di sposa,
Vengo a beare il cor di madre, e vengo
A risarcir della mia gloria i danni.
Apprender puole1 O dal mio esempio il mondo,
Che grande non è sol chi nasce tale,
Ma chi tal per virtù rende se stesso.
Chi ha l’onore e la fè per suoi compagni,
Non può errar della gloria il bel sentiero.
Ignobile non è chi ha l’alma grande,
Nè vile è mai chi ha la virtude in seno.


Fine della Commedia.

  1. Forse puote.