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192 ATTO PRIMO
La Tessaglia, in cui regno, ormai ricusa

Di prestarmi ubbidienza; ella mi grida,
Che il talamo reale abbia avvilito
Collo sposar Griselda, e non attende
Da’ boschi, ove sei nata, il suo monarca.
Griselda. La provincia vassalla a te divota
Tanti lustri soffrì me per regina,
Ed or solo mi sdegna?
Gualtiero.   Ella è gran tempo
Che ricalcitra al giogo. Io già svenai
Di stato alla ragion l’amata figlia;
L’odio alquanto sopì, ma non s’estinse.
Or che nacque Everardo, impaziente
Torna all’ire, e m’insulta.
Griselda.   Ah se Everardo
Rompe i nodi d’amor, dunque Everardo...
Ah no! Mora la madre, e viva il figlio.
Io che son moglie tua...
Gualtiero.   Taci, Griselda.
Moglie più non mi sei.
Griselda.   Come! mi privi
Anco dell’amor tuo?
Gualtiero.   Vuolsi dal regno
Un degno successor; son io costretto
Nuova sposa chiamar di regio sangue.
Vedi: per tua cagion vive in periglio
Quel che tanto t’amò. Non hai costanza
Per formar la mia pace?
Griselda.   Ah non fia vero, (s’alza
Che per me turbar vegga il tuo riposo.
Sdegnan mirar sulla mia fronte il fregio
D’un diadema real? Ecco mi spoglio
Dell’invidiato serto, e a quella destra,
Che mel cinse pietosa, io lo ritorno.
Coll’insegne reali io già depongo