Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/19


BELISARIO 17
La regia man e la real grandezza.

So ch’è premio all’eroe l’opra gloriosa,
E so che Belisario altro non cura
Che il bell’onor della vittoria, e suole
Per sua gloria pugnar, non per mercede.
Pur nella mente altrui Cesare ingrato
Troppo saria, se l’opere tue degne
Non cercasse premiar. Deh! vieni, o duce,
Vieni, e vedrai dove inalzarti anela
Cesare, e questo suo popol fedele.
Belisario. Troppo, signor, dicesti, e troppo omai
Belisario arrossir fai co’ tuoi detti.
Vincemmo, è ver; ma la vittoria è frutto
Dell’armi tue, non del mio braccio. A queste
Temute insegne, al nome tuo glorioso
Ogni più fier orgoglio in van resiste.
Vincer senza veder solito vanto
E de’ Cesari invitti; ovunque andaro
Le genti tue, sempre in tuo nome han vinto.
Narsete. (Oh magnanimo eroe!) (da sè
Filippo.   (A qual maggiore
Gloria costui destina il greco fato?) (da sè
Giustiniano. Vieni, fedele amico, e in queste braccia (s’alza
Del sincero amor mio ricevi un pegno.
Oggi gli omaggi suoi vuo’ che Bisanzio
Tra Belisario e Giustinian divida.
Son due corpi ed un’alma; ed un sol cuore
Con reciproco amor vive in due petti.
Ma ciò non basta: oggi Bisanzio adori
Due regnanti in un soglio. Belisario,
Quel trono omai che sostenesti, ascendi,
E lo scettro difeso or meco impugna.
Narsete. È giusto premio al suo valor dovuto.
Filippo. (A tant’onor sale il nemico e taccio?) (da sè
Belisario. Cesare, per pietà, s’è ver che m’ami,