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ROSMONDA 163
Alerico.   Di quell indegno (a Germondo

Fidati pur. Per mia vendetta il cielo
Facciati riposar ne’ suoi consigli.
Stenone. Ecco il barbaro re; vorria crudeli
Tutti i sudditi suoi.
Germondo.   Comprendo i moti
Dell’acceso suo cor.
Stenone.   So che non suole
Preceder al servir premio o mercede,
Ma in tua bontà, ma in tua pietà fidando,
Grazia a te chiederò.
Germondo.   Chiedila; io tutto
Soglio a tutti donar.
Stenone.   Perdon imploro
D’Alvida al fallo. Ella sarà mia sposa
Se l’approvi, signor.
Germondo.   Viva, e sia teco;
Se tua sposa la brami, a te la dono.
Stenone. Grazie alla tua pietà.
Germondo.   Vedi, Alerico,
Quanto facile i’ sono a usar clemenza.
Morto Alvida mi volle: io le do vita;
Morto tu mi volesti, e ancor v’è tempo
Di pietà, di perdon.
Alerico.   Pietà, perdono
Chieda chi è vil, non chi riserba in petto
D’Alerico il gran core.
Rosmonda.   (Avverso fato,
Vuoi due vittime ancor del sangue nostro).
Germondo. Alerico, non più; troppo t’abusi
Della mia tolleranza. E chi mai fora
Atto a soffrir il tuo furore insano?
Giunta è l’ora fatal. Per questo solo
Qui ti feci condur: qui dove Attilio
Forse m’ascolta; e in testimon lo chiamo