Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1926, XXIII.djvu/161


ROSMONDA 159
In testimon dell’innocenza mia

Tutti i numi del ciel.
Alerico.   Tradisti il padre,
E orror non senti a profanar gli Dei?
Rosmonda. Ma qual colpa, signor?...
Alerico.   Per tuo rossore
Odila, scellerata. Il ferro io porsi
Alla destra d’Alvida; ella dovea
Dell’odiato Germondo in sen vibrarlo.
Tu, perfida, svelasti il grand’arcano,
Tu serbasti da morte il mio nemico.
Che risponder potrai? Celar non giova
L’amor tuo pertinace. Invan pretendi
All’indegna passion cangiar aspetto.
Me tradisti ed Attilio. Ecco il tuo fallo,
Ecco la colpa tua. Dillo tu stessa
Se sia giusto il mio sdegno, e se potrai
Dall’offeso mio cor sperar perdono.
Rosmonda. Padre, nol niego. Io dalle man d’Alvida
Tolsi il reo ferro. Un tradimento enorme
Fu impedito da me...
Alerico.   Perfida, iniqua!
Tradimento l’appelli?...1 Scellerata!
T’odio, t’abborro, ti vorrei distrutta,
Annichilata... indegna!... (con impeto d’ira
Rosmonda.   Il tuo furore
Modera un sol momento, e le mie voci
Prima di condannarmi odi pietoso.
Più rimedio non v’è; morir dobbiamo,
Onde pria di morir, tutto il mio core
Vengo, padre, a svelarti. Ancora in petto
Serbo l’antica fiamma. Io per Germondo
Ardo ancor, non lo niego. Egli mi parla
Dolce così, così pietoso è meco,

  1. Nel testo unico dell’ed. Zatta è stampato rappelli.