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sono aumentate a proporzione degli anni. Il suo talento ha fatto progressi maravigliosi. Permettete, signore, ch’io mi congratuli con esso voi. Voi possedete un tesoro.

Marchese. Oh! voi siete, signor conte.... Sì, è una buona ragazza. Ella non ha, se vogliamo... ma... per il carattere, per i costumi... bene, bene, benissimo.

Conte. Signore, le sue qualità, il suo merito e i suoi diciott’anni deggiono sollecitarvi a procurarle un accasamento.

Marchese. Sicuro è per questo ch’io.... Ma a proposito.... mi sovvengo ora... che avete voi inteso di dire quando?... Non avete detto... prestarmi?

Conte. Ma mi pare che, nell’atto di ritirarvi, voi avevate cambiato di sentimento.

Marchese. Signor no. Non è questo... Voi non mi avete... eppure ho parlato schietto.

Conte. In ogni maniera, signore, non avrei potuto servirvi. Non avrei potuto parlare a madama Araminta. Se sapeste come sono poco contento di lei e di sua figlia! come questo trattato di matrimonio comincia a divenirmi noioso! Quanto ne sono disgustato e pentito!...

Marchese. (Da sé, con maraviglia) Oh, oh!... ciò sarebbe.... eh, eh, perchè no?

Conte. Che non ho fatto per meritarmi la loro stima e la loro amicizia! una casa ornata, come voi vedete, carrozze superbe, cavalli i più rari, un finimento di diamanti di centomila lire...

Marchese. Centomila lire di diamanti? (con ammirazione)

Conte. Così è. Tutti gli hanno veduti. Madama Araminta ella stessa è restata sorpresa.

Marchese. Grande... grande... magnifico... bene, bene, benissimo... generoso...

Conte. E con tutto questo, non vedo che ingiustizia, che ingratitudine.

Marchese. Bene, bene, benissimo.

Conte. (Maledettissimo intercalare!) (Da sè, con dispetto)

Marchese. (Da sé) Ah! se ciò... se Eleonora... se mio figlio...