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Frontino. Mi hanno detto ch’è un sarto eccellente, che serve le prime case di Parigi.

Conte. Ma circa la probità?...

Frontino. Per questo poi, non saprei che dire... Ma caro signor padrone, perchè non vi servite del vostro sarto ordinario? Finalmente con lui...

Conte. Oibò, oibò, il mio sarto ordinario per i giorni de’ miei sponsali!1 Avrò bisogno di più vestiti; e come devono essere pomposi, magnifici, e fatti alla perfezione, se mi domandano di qual sarto m’avrò servito, vuoi tu ch’io nomini mastro Taccone, che non è conosciuto da chicchessia?

Frontino. Il signor padrone, per quel ch’io sento, è dunque prossimo a maritarsi.

Conte. L’affare è sì prossimo, che oggi si deve qui, in casa mia, sottoscrivere il mio contratto, e ti ho chiamato, e ho da parlarti precisamente per questo. Oggi, con questa occasione, avrò molte persone a pranzo, e vorrei una tavola... brillante... magnifica... atta, non dico a saziare l’indiscrezione e l’ingordigia de’ convitati, ma a dar nell’occhio, e sorprendere con un’aria di splendidezza... Tu intendi, tu capisci più ch’io non dico.

Frontino. Sì signore, capisco a poco presso la vostra intenzione; ma l’eseguirla non mi pare cosa facile. Converrà vedere se il cuoco...

Conte. No, Frontino mio, tu non devi dipendere dalle fantasie del cuoco. Tocca a te dirigerlo, e a farlo lavorare a tuo modo. Conosco la tua abilità, la tua intelligenza, il zelo che hai per gl’interessi del tuo padrone. Non vi è in tutto il mondo un uomo come Frontino. Tu farai de’ prodigi, tu ti sorpasserai in questa occasione.

Frontino. (Eccolo com’egli è per ordinario. Gran carezze quando) ha bisogno... e poi...). (da sé)

Conte. Ecco qui la lista di quegli che ho destinato invitare.

  1. Nel testo ci sono due punti.