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138 ATTO QUINTO

Agata. Voglia il cielo che ritornino sani e salvi.

Lena. Oh ecco qui mio marito. Sia ringraziato il cielo!

SCENA II.

Tognone e dette.

Agata. Dov’è mio fratello? (a Tognone con ansietà)

Tognone. Alla bocca del fiume.

Lena. Avete avuto paura?

Tognone. Per noi altri non c’era pericolo, poichè per fortuna eravamo a terra a tirar la rete. Ma abbiamo veduto rompere una tartana ne’ scogli e pericolare tutti quei che vi erano dentro.

Lena. Povera gente!

Agata. Il mare è bello a vedere, ma alla lontana.

Lena. Vuoi venirti a mutare? (a Tognone)

Tognone. No; i miei camerata mi aspettano. Abbiamo fatto una pesca abbondante; son venuto a prendere il battello grosso per trasportarla.

Lena. Non vuoi nemmeno rinfrescarti un poco?

Tognone. No, no; quando torno. Verremo tutti insieme. Non tarderemo a venire. (va alla riva del fiume, entra nel battello, lo scioglie e remigando parte.)

Lena. Andiamo a preparare qualche cosa per quando vengono.

Agata. Andiamo. (entrano nella capanna)

SCENA III.

Corallina sola; poi Agata e Lena.

Corallina. Povera Corallina, povera donna, afflitta vedova, disperata!1 Che farò in vita, ora che ho perduto il mio caro Arlecchino, il mio caro bene, il mio caro marito? Genio perfido che mi hai sedotta, tu sei la causa della mia disgrazia, tu mi hai condotta a precipitare. Sarai contento; son desolata, son precipitata, son morta. Oh Genio maladetto! Vecchiaccio indegno! Avessi ascoltate le voci di quel giovinetto prudente che mi consigliava al bene, che mi animava a resistere, e che con

  1. Così nel testo. Meglio forse si leggerebbe: afflitta, vedova, disperata!