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IL GENIO BUONO E IL GENIO CATTIVO 101

Marepica. Ebbene? che si fa? Non si comincia a ballare? (forte)

Baron. Non vi è ancora gente abbastanza. (a M. le Baron)

Marepica. Oh monsieur le Baron, siete voi? Vi saluto.

Baron. Riverisco il signor marchese. Come sta di salute?

Marepica. Bene, perfettamente bene. Se la gotta non mi tormentasse, non la cederei a un giovane di vent’anni. Chi è quel signore? (verso Arlecchino)

Arlecchino. Forastier, per servirla.

Marepica. Di che nazione?

Arlecchino. Italian, per obbedirla.

Marepica. Viva l’Italia! Bel paese, buon vivere, e belle donne! Ci ho fatto quattro campagne. Sono stato all’assedio di Milano, all’assedio di Pizzighettone, alla battaglia di Campo Santo, a quella di Parma, ho combattuto come un diavolo, e ho fatto l’amor come un disperato. Ahi! (la forza del discorso lo fa alzare, ma si sente dolere, e torna a sedere.)

Arlecchino. Viva el sior offìzial.

Marepica. Signor italiano, di che paese siete?

Arlecchino. Delle vallade de Bergamo.

Marepica. Bergamo? Ho veduto Bergamo. Sono stato a Bergamo. Stava nei borghi, faceva all’amore in città. Faceva una vita da bestia; su e giù di notte e di giorno; freddi, ghiacci, sole. È là dove mi ho guadagnata la gotta. Oh chi è questa bella ragazza? (volgendosi e scoprendo Lolotte)

Baron. È una giovane ch’è venuta per divertirsi.

Lolotte. Mia madre è qui di fuori che passeggia pel bosco.

Marepica. Sì, madre, madre! Voi altre fanciulle che andate al ballo, avete padre e madre quando volete.

Lolotte. Signore, come parlate? Voi non mi conoscete. (sdegnata)

Marepica. Siete in collera? Venite qui, facciamo la pace. Non volete venir da me? Verrò io da voi. (si alza con pena)

Lolotte. (Si ritira. Il Marchese zoppiccando vuol accostarsi e non può.)

Marepica. Ehi, soldati; dove sono? I bricconi sono andati via. Amici, sostenetemi, non posso più. (al Barone e ad Arlecchino)

Baron. Eccomi, signor marchese. (gli dà un braccio)