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(Componimenti diversi, Venezia, Pasquali, 1764, T. II, p. 228), e ripetutamente nelle lettere. In data 11 luglio 1763, all’Albergati, si legge: «Ho spedito una nuova Commedia per il Teatro di San Luca a Venezia, intitolata Il Matrimonio per concorso. Ne ho fatta una per qui, intitolata Les deux Italiennes, ma tutta scritta, avendo protestato a questi signori di non voler più fare commedie a soggetto, le quali non ponno far onore all’autore, nè profitto al teatro» (Raccolta Masi, p. 220). Les deux Italiennes figurano erroneamente in calce alle Memorie nel Catalogue delle commedie che il testo ricorda. È detta comédie en trois actes en prose, e si aggiunge: elle n’a pas été jouée. Il fatto che la trama del Matrimonio per concorso si accentra su due italiane: la circostanza che le due commedie sorsero nello stesso tempo: la consuetudine poi che il Goldoni aveva di rielaborare per Venezia quanto dava ai Comici italiani di Parigi inducono il pensiero che le due commedie fossero la stessa cosa. Congettura già espressa da Ernesto Masi, il quale ad avvalorarla sottolinea queste battute della commedia:

«Fontene. Avete fatto passare dei grandi dispiaceri a quest’altra povera italiana [Doralice]?

Lisetta. Ne ho passati anch’io per essa una buona parte; credo che possiamo esser del pari (Atto III, sc. XII)».

e le parole di Fontene nella scena penultima:

«Due donne italiane, figlie di due mercanti italiani; lo stesso albergo, molte circostanze uniformi della persona...» ecc.

Nella commedia per Parigi i personaggi francesi parlavano certo la loro lingua, ciò che nel Matrimonio con goffa inverisimiglianza non fanno. Secondo il Masi le «tante allusioni e notizie relative a Parigi, che trovansi nel Matrimonio per concorso, se poteano importare in Italia, pei Parigini sarebbero state un fuor d’opera e senza alcuna opportunità». Quindi le inserì appena nel Matrimonio. Possibile. Ma accogliendole nelle Deux Italiennes il Goldoni poteva illudersi di lusingare la vanita di quel pubblico, come, con un procedimento un po’ simile, aveva sperato nell’Amor paterno.

Qualche apprezzamento dell’autore del suo lavoro è in queste notizie al Vendramin [lett. dell' 11 luglio 1763]: «Ho spedito una Commedia ben copiata, e sigillata, diretta a V. E., intitolata Il Matrimonio per concorso. Vi ho unito un foglio, scritto di mia mano, con tutti quegli avvertimenti, che ho creduti necessari per la direzione della Commedia tanto rispetto agli abiti, che alla scena. I Comici per altro non avranno da fare alcuna spesa, sendo una Commedia vestita alla Francese, che si rappresenta in una camera e in un giardino. Spero che V. E. ne sarà contenta, e che il pubblico l’aggradirà. Vi è qualche cosa, che riguarda Parigi, che farà piacere. L’intreccio e grande. Vi sono de’ colpi di Teatro. È onestissima...». La scrisse senza le maschere perchè così le commedie gli sembrano «più naturali e più succose». A Parigi invece l’obbligano a servirsene, e vede che «perdono assai». Conti l’E. S. al fido e saggio Stefano Sugliaga «i cento ducati, prezzo di essa commedia» e al caso s’incarichi lui «di cambiar quel che occorre» (Mantovani, Carteggio ecc., Mil., 1885). Replica il Vendramin dispiacente di non poter eseguire la commedia perchè «folta di personaggi». Propone di sopprimere la parte della Falchi (che lasciava col marito Francesco il suo teatro) perchè crede «sia