Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1915, XX.djvu/431


IL VENTAGLIO 419

Geltruda. (Mi sono ingannata. Ella amava il Barone, ed io la credeva accesa del signor Evaristo). (da sè)

Conte. Se mi permettete, vado a dare questa buona nuova al Barone, al mio caro amico, al mio caro collega.

Geltruda. E dov’è il signor Barone?

Conte. Mi aspetta dallo speziale. Fate una cosa. Andate a casa; ed io ve lo conduco immediatamente.

Geltruda. Cosa dite, nipote?

Candida. Sì, parlerà con voi. (a Geltruda)

Conte. E con voi. ( Candida)

Candida. Mi rimetto a quello farà la signora zia. (Morirò, ma morirò vendicata). (da sè)

Conte. Vado subito. Aspettateci. Verremo da voi... Come l’ora è un poco avanzata, non sarebbe male che gli offeriste di tenerlo a pranzo. (Geltruda)

Geltruda. Oh, per la prima volta!

Conte. Eh, queste sono delicatezze superflue. L’accetterà volentieri, m’impegno io, e per obbligarlo ci resterò ancor io. (parte, ed entra dallo speziale)

Geltruda. Andiamo ad attenderli adunque. (a Candida)

Candida. Andiamo. (melanconica)

Geltruda. Che cosa avete? Lo fate voi di buon animo? (a Candida)

Candida. Sì, di buon animo. (Ho data la mia parola, non vi è rimedio).

Geltruda. (Povera fanciulla, la compatisco. In questi casi, (s’incammina verso il palazzina) malgrado l’amore, si sente sempre un poco di confusione). (come sopra)

SCENA IX.

Giannina dal palazzino, e Candida.

Giannina. Oh signora Candida.

Candida. Cosa fate voi qui? (in collera)

Giannina. Veniva in traccia di lei...