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238 ATTO SECONDO


dal suo castigo. O rassegnatevi al dovere, alla ragione, alla convenienza, o preparatevi ad essere un’infelice, odiosa nella famiglia, criticata dal mondo, e abborrita un giorno per interesse da quello stesso che ora per acciecamento vi ama. Prendete le mie parole per un’ammonizione amorosa. Figuratevi che vi parli il cielo per bocca mia, abbandonate un disegno che vi fa torto, e preferite ad una seduttrice lusinga l’onestà e la ragione. Se vi mortifica lo stato vostro, fate uso della virtù, e prevaletevi dell’amicizia e della interessatezza di una dama d’onore, che non v’insulta con prepotenza, ma con amore vi parla, e a vostro pro vigorosamente s’impegna. (s’alza)

Aurelia. Ah! donna Giulia, ah! mia amorosissima amica, mi raccomando alla vostra bontà. Sono una povera figlia, sono nelle vostre braccia.

Giulia. Sì, rasserenate il vostro spirito. Non vi abbandonerò mai, e penserò io a procacciarvi una conveniente fortuna.

Aurelia. Sì, donna Giulia, disponete di me come di cosa vostra.

Giulia. Prima di tutto, promettetemi di licenziare immediatamente don Alesandro.

Aurelia. Subito ho da licenziarlo?

Giulia. Sì, subito.

Aurelia. Aspetterò ch’egli venga da me, e gli dirò... davvero io non so come fare.

Giulia. Vi compatisco. Se vien da voi, non avrete cuore di licenziarlo. Fate così, licenziatelo con un viglietto.

Aurelia. E come ho da fare a mandarglielo?

Giulia. Scrivetelo qui da me, lasciatelo nelle mie mani, e penserò io a fare che gli pervenga.

Aurelia. Benissimo: farò tutto quello che voi volete. Perchè mia madre non istia in pensiere, mandate subito un servitore.

Giulia. Ora sono tutti impiegati. Non dee venire a prendervi don Ridolfo? Manderemo lui.

Aurelia. Sì, manderemo lui.

Giulia. Favorite di venir meco a formare il viglietto che dovete